Con la navicella IXV passo in avanti della scienza spaziale italiana





La navicella spaziale IXV
La capsula di rientro IXV (Intermediate eXperimental Vehicle) dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), realizzata in gran parte in Italia, è stata anche esposta nella reggia di Caserta per un‘iniziativa che si deve al Centro di Ricerche Aerospaziali di Capua (Cira), che ha partecipato al progetto dell’ESA. Costata 150 milioni di euro, di cui quasi la metà italiani, la capsula e’ stata realizzata a Torino presso la Thales Alenia Space ed e’ stata lanciata l’11 febbraio scorso con il razzo Vega, altro gioiello ingegneristico italiano, da cui si e’ separata alla quota di 340 chilometri per proseguire in modo autonomo fino a raggiungere 412 chilometri. Quindi ha iniziato la sua discesa dal vettore a una velocità di 27.000 chilometri orari ed ha concluso il suo viaggio con un ammaraggio nell’oceano Pacifico. L’attraversamento dell’atmosfera è, infatti, uno degli aspetti più critici dei viaggi nel cosmo: le navicelle raggiungono velocità di poco inferiori agli 8 km/secondo e, a causa dell’attrito, devono sopportare temperature fino a 1600°C. A metà strada tra una capsula tipo Soyuz e uno Shuttle, IXV è una grande ala piatta lunga circa 5 metri, dotata di razzi che le consentono una certa manovrabilità. Il primo test della navicella previsto per la fine di ottobre, ha collocato il veicolo a 412 km di altezza da un razzo Vega, per tuffarsi verso il Pacifico a più di 4500 km orari di velocità. 300 sensori hanno registrato parametri critici del volo, come temperatura e pressione sulla superficie esterna e una telecamera all’infrarosso ha tenuto sotto controllo i flussi di calore su tutta la superficie della navicella. Per ora IXV può rientrare solo nell’acqua: per motivi di costo non è stata equipaggiata per atterraggi al suolo come gli Shuttle o le Soyuz. Il Cira, ha fornito assistenza tecnica in materia di aero-termo-dinamica ed ha curato anche un test in Sardegna con un prototipo dell’IXV lanciato da un’altezza di 3.000 metri grazie ad un elicottero allo scopo di analizzare il sistema di paracadute. L’ultima parte della discesa di IXV viene frenata da un grande paracadute per garantire un ammaraggio dolce e senza traumi. “Lo scopo di IXV – ha spiegato Giuseppe Rufolo, ricercatore del Cira – era di verificare in volo tecnologie che potranno aprire all’Europa importanti opportunità relative ai sistemi di trasporto spaziali, su cui l’Europa e’ indietro rispetto per esempio agli Stati Uniti. Il prossimo passo, già avviato con il progetto dell’Esa ‘Pride’, al quale il Cira partecipa attivamente, sarà di creare un veicolo che possa restare in orbita ed essere utilizzato per posizionare piccoli satelliti. La nuova navicella potrebbe volare nel 2020″.



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