Bilancio: Sicilia a rischio Grecia da LINKSICILIA
La Sicilia come la Grecia? Il rischio che i conti economici della Regione vadano a picco c’è. Anche se la notizia non fa “notizia”, soprattutto nel mondo della politica siciliana.
“Forse perché pensano che qualcuno, magari a Roma, gli risolverà i problemi?”, si è chiesto e ha chiesto stamattina, nel corso di una conferenza stampa, il leader dell Udc siciliana, Giampiero D’Alia. “Se in Assemblea regionale pensano questo – ha aggiunto D’Alia – è bene che se lo levino dalla testa. Stando alle notizie in mio possesso, il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha messo la propria struttura a disposizione della Regione siciliana per provare a risolvere il problema. Lo Stato vuole fare la propria parte. Ma, ovviamente, chieda al governo della nostra Isola di fare la propria parte”.
Una conferenza stampa ‘tecnica’ e ‘politica’, quella organizzata stamattina a Palazzo Reale – la sede del parlamento siciliano – dai vertici isolani dell’Udc al gran completo. Al tavolo della presidenza, nella sala ‘Mario Palumbo’ – ovvero la sede della sala stampa delll’Ars – accanto a D’Alia, i parlamentari Giula Adamo (capogruppo), Pippo Nicotra e poi tutti gli altri dirigenti del partito.
Ai giornalisti è stato distribuito un lavoro certosino effettuato sui conti regionali. A sfogliarlo, viene un po’ il freddo. Per la sanità mancano all’appello 700 milioni di euro. A cui si sommano 1,5 miliardi di euro di mancata copertura reale. Tradotto: soldi che nella ‘bozza’ di bilancio il governo prevede di spendere. Con un ‘picco’ particolare’: che questi soldi non ci sono.
Fine dei disastri finanziari? Ma quando mai! C’è l’arcipelago delle società collegate alla Regione, sempre in procinto di essere ridotte e razionalizzate: ma ancora lì non ‘razionalizzate’. Da questo marasma spunta un altro ‘buco’ di circa 3 miliardi di euro. “La cosa che mi preoccupa – ha ribadito il leader dell’Udc siciliana, non senza una punta d’ironia, – è la mancanza di preoccupazione da parte degli ‘inquilini’ di questo ‘Palazzo’. E’ chiaro che se non si trova una soluzione, a beeve, la Sicilia – è bene sottolinearlo senza tanti giri di parole -rischia di fare la stessa dine della Grecia”.
Che fare? L’Udc di D’Alia avanza dieci proposte. Vediamole per grandi linee.
Primo: riduzione delle spese dell’Ars. Abbattendo (e, supponiamo, ripartendo l’abbattimento tra deputati e personale del ‘Palazzo’) del 5 per cento si possono risprmiare 160 milioni di euro.
Secondo: blocco dei rinnovi contrattuali del comparto e della dirigenza. Risparmio pevisto: 170 milioni di euro. Quindi eliminazione dei benefits con un ulteriore risparmio dialtri 5 milioni di euro.
Terzo: interventi sui consumi intermedi dove, come si legge nel documento, “si annidano sprechi e malaffare”. In questa spese rientrano anche Ast, Multiservizi, Beni culturali spa. Risparmio previsto: 150 milioni di euro.
Quarto: di fatto, è un atto di accusa agli ‘economisti’ (o presunti tali) del governo Lombardo. Il tema è quello delle partecipazioni della Regione. A cominciare dalla partecipazione in Unicredit, “oggi ridotta a qualche decina di milioni”. Quindi l’affondo: “Se fosse stata ceduta tre anni orsono avrebbe fruttato qualche centinaio di milioni”. Come già accennato, da due anni Lombardo & company parlano di “riforme epocali, cessioni, incorporazioni”. Tirando le somme, la Regione ha acquistato l’Irfis, un guscio vuoto (il ramo banvario se l’è tenuto Unicredit) dove lo stesso Lombardo – che non tollera l’idea di una poltrona ‘vuota’ – ha già piazzato un direttore generale prim’ancora di capire di che cosa si dovrebbe occupare l’Irfis (il direttore, supponiamo, non ‘lavorerà’ gratiis…). Sulle partecipazioni l’Udc propone dismissione e cessione del 50 per cento delle società. Introiti previsti: 10 milioni di euro.
Quinto: sanità. Che costa 8,2 miliardi l’anno. L’assessore al ramo, Massimo Russo, ribadisce a destra e a manca che la spesa è diminuita. In realtà, la spesa è aumentata, mentre i collaboratori dell’assessore, che gli forniscono dati, si è scoperto che sono cultori dell’aritmetica ‘immaginifica’. Scherzi a parte, anche su questo fronte la ‘ricetta dell’Udc è quella della razionalizzazione: contenere le spese per i convenzionati esterni e per l’ospedalità privata (un 5 per cento in meno farebbe risparmiare alla Regione 100 milioni di euro circa); contenimento della spesa farmaceutica (con il 5 per cento in meno si risparmierebbero altri 65 milioni di euro); e rideterminazione del budget delle Aziende sanitarie e ospedaliere (altro risparmio di 200 milioni di euro).
Sesto: abolizione secca della ex tabella H che è rimasta sotto mentite spoglie. Contributi e ‘ammennicoli’ vari costati, nel 2011, 218 milioni di euro. Per questa tabella, taglio di 100 milioni di euro.
Settimo: riforma degli Ato rifiuri e idrici. Si tratta di due settori che il governo Lombardo non ha toccato. Due ‘carrozzoni’ drena-soldi che pesano come macigni sui Comuni siciliani. Basti pensare che i Comuni dell’Isola, pur essendo in buona parte ai limiti ddel dissesto finanziario, sono debitori, nei riguardi degli Ato rifiuti, di 1,3 miliardi di debiti. Per non parlare della gestione idrica che, in barba al referendum, resta, in molti casi, nella mani dei privati. E’ il caso di Agrigento – vicenda che il nostro giornale ha più volte trattato (anche stamatttina, in altra parte del giornale si parla delle ‘malagestine idrica di Siracusa e Agrigento). Approfittiamo dell’occasione per invitare i sindaci e i comuni cittadini sicilani a raccontare al nostro giornale tutte le storture in materia gi gestione dell’acqua che gli stessi cittadini vivono aulla propria pelle.
Otto: Agricoltura. L’Udc di D’Alia, con molto coraggio, entra nella vicenda dei ‘Forconi’ che, da lunedì prossimo, torneranno per le strade delle città siciliane. Lucida l’analisi sui prodotti agricoli della nostra Isola letteralmente travolti da produzioni cinesi, asiatiche e nordafricane, peraltro in molti casi di scadente qualità, se non dannose per la salute. Agricoltori siciliani ai quali le banche non fanno credito. Colpiti dalle cartelle esattoriali Serit. Da qui la proposta: rateizzazione ventennale a tasso legale con intervento diretto della Regione attraverso una ‘catolarizzazione’ triangolare Tra Regione, banche e Serit. A questi si dovrebbero aggiungere interventi normativi: repressone della concorrenza sleale (sarebbe ora!); lotta all’abuso di cartelli di posizione dominante nelle transazioni in agricoltura (tradotto: evitare che i commercianti ‘affamino’ gli agricoltori siciliani, come avviene spesso oggi); controllo sugli alimenti per tutelare la salute dei consumatori (ciò signif[[posterous-content:pid___0]]ica – e questa è una nostra tesi – che l’80 per cento almeno dei prodotti agricoli venduti per lo più dalla grande distribuzione organizzata non potrebbe più entrare in Sicilia).
Nove: utilizzare una parte di questi risparmi così ottenuti (circa 770 milioni di euro) per incentivare gli investimenti privati. Per esempio, finanziando il credito d’imposta che il governo Lombardo avrebbe voluto finanziare con soldi che non ci sono. Quindi il sostegno forte alle politiche sociali ormai scomparse in molti Comuni (come a Palermo): attivazione di banchi alimentari, sussidi abitativi e scolastici, contrasto alll’emarginazione sociale.
Decimo: riduzione drastica delle funzioni delle Province, evitando di fare ‘esplodere’ i liberi consorzi di Comuni con una riforma (che peraltro è già stata fatta nel 1986 con la legge regionale n. 9: qualcuno dovrebbe spiegarlo a Lombardo e ai bravi dirigenti dell’Ars, che forse non ricordano che le ‘Province’ sono state sostituite con le Province regionali) che rischierebbe di far accrescere i costi e non di ridurli.
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