Università di Stanford e Soprintendenza del mare al lavoro sul sito Marzamemi II
La nuova stagione di scavi subacquei denominata progetto
“Marzamemi Maritime Heritage” ha iniziato la sua attività a pieno campo a fine
agosto e si concluderà a metà del mese di settembre 2013. Questa iniziativa di collaborazione
tra l’Università di Stanford e la Soprintendenza del Mare di Sicilia, diretta
da Sebastiano Tusa, rappresenta un progetto a lungo termine di indagini
archeologiche, scavi, e la gestione del patrimonio di naufragi al largo della
costa di Marzamemi , borgo marinaro nei pressi di Siracusa, quindi nella
Sicilia sud-orientale. La scoperta di più di una dozzina di naufragi al largo di questa costa offre chiara la testimonianza
del ruolo della Sicilia come un nodo di comunicazione e di commercio tra l'est
e l'ovest del Mediterraneo romano. Nel 2013 il lavoro sul campo si concentrerà
su due siti. Il primo di una nave romana che trasportano enormi colonne di
granito lungo con la ceramica, e il secondo su una nave tardoantico che effettuava trasporto
di prefabbricati in marmo, ed altri elementi architettonici probabilmente
diretti verso qualche nuova costruzione di chiesa o meglio di basiliche tardo-antiche.
Altrettanto importante per il progetto, tuttavia, è il ruolo che questo lavoro
sul campo di ricerca giocherà nella
creazione di un museo locale a Marzamemi e lo sviluppo della gestione associata
del patrimonio locale e iniziative turistiche. Sono disponibili opportunità per
gli studenti interessati non solo nello scavo, ma in questioni come la
conservazione, l'esposizione e la ricostruzione, studi museali, e la gestione
del patrimonio culturale in generale. Il progetto sarà necessariamente di
piccolo sviluppo nella sua prima stagione sul campo, ma 5-6 laureati e studenti
universitari saranno invitati fin dall'inizio, e più opportunità saranno
disponibili nelle stagioni successive. La certificazione subacquea è obbligatoria per la maggior parte dei ruoli che
si vorranno assumere nel progetto, anche se ancora una volta deve essere
ribadito che la ricerca viene realizzata su fondali con una profondità “
piuttosto bassa (8-10 m).
i lingotti in piombo di provenienza iberica che portano il nome della famiglia di commercianti: i Papia Nella mostra presentati i video prodotti da Stefano Zangara della Soprintendenza del Mare, che documentano le attività commerciali dell’epoca greco–romana nel Mediterraneo, le guerre puniche e l’attività di recupero di reperti in mare. I sistemi di ricerca sistematica oltre all’impiego dell’operatore subacqueo prevedono anche l’impiego di un robot subacqueo operativo fino a 300 metri. Vengono utilizzati dei metaldetector subacquei fino ai sessanta metri e con l’ausilio di questi mezzi ad alta tecnologia è possibile scandagliare i fondali marini per recuperare i beni archeologici.
A marzo è
stata inaugurata a Siracusa la mostra “Tesori Sommersi”. L’esposizione includeva
reperti archeologici esposti in due sale del Castello Maniace e ad illustrarne
il percorso storico è stato Sebastiano Tusa, soprintendente del Mare, che ha condotto per
anni le ricerche. “ Valenza storica testimoniata da alcuni reperti risalenti al 10
Marzo 241 a.C.,quando nelle acque delle Egadi i romani vinsero sui cartaginesi.
Da lì proviene il rostro con una reca punica per sfondare la nave nemica. L’altro reperto è l’elmo romano
“Montefortino” dello stesso periodo. Vasta selezione di anfore recuperate ed
esposte, sono di notevole importanza perché testimoniano gli scambi commerciali tra
l’Italia e l’Africa. Tra i ritrovamenti siracusani
i lingotti in piombo di provenienza iberica che portano il nome della famiglia di commercianti: i Papia Nella mostra presentati i video prodotti da Stefano Zangara della Soprintendenza del Mare, che documentano le attività commerciali dell’epoca greco–romana nel Mediterraneo, le guerre puniche e l’attività di recupero di reperti in mare. I sistemi di ricerca sistematica oltre all’impiego dell’operatore subacqueo prevedono anche l’impiego di un robot subacqueo operativo fino a 300 metri. Vengono utilizzati dei metaldetector subacquei fino ai sessanta metri e con l’ausilio di questi mezzi ad alta tecnologia è possibile scandagliare i fondali marini per recuperare i beni archeologici.
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