Un rostro, stavolta romano trovato nei luoghi della battaglia delle Egadi
Capo Grosso a Levanzo |
L'Hercules mentre posiziona il ROV |
EGADI
2014 – RECUPERATO ROSTRO NEI FONDALI AL
LARGO DI CAPO GROSSO A LEVANZO
Concluso
nei giorni scorsi il recupero di un rostro al largo di Levanzo, nell'ambito
della campagna di ricerche in alto fondale “Archeoegadi 2014”. Il rostro, già
individuato precedentemente, è stato disincagliato dalla sua posizione e
imbragato. Il team della RPM Nautical Foundation, dopo avere agganciato il
prezioso reperto utilizzando un ROV ( Remotely Operated Vehicle),
ha effettuato il recupero da un fondale di 70 metri. Il rostro in buone
condizioni , presenta numerosi chiodi e al suo interno delle parti in legno. Si
tratta del rostro “Egadi 10”, a tridente, quello appena riemerso dall’area di mare a circa 7 km ad Ovest
dell’isola di Levanzo (arcipelago delle Egadi) dove avvenne la battaglia delle
Egadi (10 marzo del 241 a.C.) tra la flotta cartaginese guidata da Annone e
quella romana guidata da Lutazio Catulo.Il rostro è incluso in una serie di
undici rostri del tipo a tridente rinvenuti tra il 2004 ed il 2014 nel medesimo sito. L’“Egadi 1”, è stato
recuperato grazie ad un sequestro operato dai Carabinieri del Nucleo Tutela
Patrimonio Culturale; “Egadi 7” si deve
alla prontezza e al senso civico del motopesca dell'armatore trapanese Maltese
che recuperandolo lo ha consegnato alle autorità . “Egadi 9”, già individuato
dalle ricerche in corso, giace ancora sul fondale. Gli altri 8 rostri sono
stati individuati e recuperati nel corso della campagna Archeoegadi condotta dalla Soprintendenza del Mare e dalla RPM
Nautical Foundation.Il rostro “Egadi 10”, quasi del tutto integro, è formato da
un pezzo in bronzo, unitariamente fuso con la tecnica della cera persa, che si
inseriva sull'intersezione delle porzioni terminali in legno della chiglia,
delle cinte laterali e della struttura arcata del dritto di prua. E un rostro identificabile
come romano grazie al confronto con i rostri Egadi 7 ed 8 (recuperato dalla RPM
Nautical Foundation nel 2012): nonostante le concrezioni marine assai diffuse,
è ben visibile la decorazione a rilievo raffigurante un elmo del tipo
montefortino sormontato da tre piume. Al di sotto della decorazione
probabilmente si nasconde l'iscrizione latina con la certificazione da parte
del questore, ma solo il restauro - a
breve avviato nei laboratori del CAM di Triscina di Selinunte messi a
disposizione dalla Fondazione Kepha - rivelerà la sua identità. Alle operazioni hanno partecipato George Robb e Jeffrey
Royal della RPM Nautical Foundation , lo
staff della nave Hercules e Adriana Fresina, Francesca Oliveri e Salvo Emma
della Soprintendenza del Mare. La
campagna di ricerche Archeoegadi è effettuata in collaborazione con la
Capitaneria di Porto di Trapani, la Guardia di Finanza, l’Area Marina Protetta
delle Isole Egadi, la Shipping Agency di Luigi Morana, la marineria, i diving
center, l’associazione culturale Tempo Reale.
La Soprintendenza del Mare della
Regione Siciliana ha realizzato negli ultimi anni, in collaborazione di RPM
Nautical Foundation, una minuziosa ricognizione delle acque dell’arcipelago
delle Egadi e del trapanese. Ininterrottamente, dal 2005 ad oggi, le acque
antistanti le tre isole dell’arcipelago delle Egadi sono state analizzate sistematicamente
e anche per questa ultima campagna, iniziata a giugno e che si concluderà alla
metà di luglio, è stata utilizzata per le operazioni in mare la nave R/V
Hercules, imbarcazione oceanografica a posizionamento dinamico (DPS) dotata di
sistemi di ricognizione elettroacustiche e visive di ultima generazione.
La battaglia delle Egadi descritta da
Polibio e da molti altri storici antichi conclude la lunga prima guerra punica
grazie ad una svolta impressa dall’audace ammiraglio Lutazio Catulo che sblocca
una situazione di stallo nella quale i due contendenti si erano trovati da
tempo. I luoghi d’interesse archeologico pertinenti la battaglia si trovano
lungo la costa rocciosa orientale dell’isola di Levanzo che si presenta ripida
e omogenea tra la Cala Calcara e Capo Grosso fornendo un prezioso rifugio alla
flotta romana invisibile a quella cartaginese che proveniva da Occidente ( Marettimo).
L’omogeneità costiera si trasferisce anche ai fondali che si presentano
degradanti e rocciosi fino a raggiungere la spianata sabbiosa intorno ai
cinquanta metri. Tuttavia, in prossimità del limite meridionale e
settentrionale di questa scogliera il fondale si articola ed è lì che ancora
resistono le vestigia romane in parte attribuibili alla battaglia delle Egadi e
in particolare alla zona di ancoraggio della flotta romana di Lutazio Catulo
che sconfisse i Cartaginesi. Vi sono,
infatti, numerosi ceppi d’ancora in piombo, localizzati sui fondali rocciosi
degradanti verso Nord, compresi tra i 20 ed i 30 metri (in un’area di oltre 500
metri quadri), a circa 100 metri dalla costa nello spazio di mare a ridosso
della punta più settentrionale di Levanzo, caratterizzata dall’incombente mole
di Capo Grosso a picco sul mare. I veri protagonisti di quel mortale
attacco dovettero essere i rostri applicati alle trireme, nave da guerra tra le
più diffuse nell’antichità dall’epoca greca arcaica, di probabile derivazione
dalla pentecontera e progenitrice delle galere medievali e moderne. Si diffuse
tra i Greci, i Fenici, i Cartaginesi e infine anche presso i Romani. Tre file
di rematori sovrapposte, con i remi leggermente sfalsati tra loro, le davano
una formidabile propulsione in battaglia agevolata anche dallo scafo filante
con un rapporto lunghezza/larghezza ottimale che poteva raggiungere anche i 40
x 6 metri. Poteva navigare anche sospinta da una vela rettangolare.
L’equipaggio nelle trireme più grandi poteva raggiungere i 200 uomini, di cui
la maggior parte rematori e il resto fanti, arcieri e addetti la governo della
nave. Era molto manovrabile e veloce raggiungendo anche gli 8 nodi. La sua arma
letale era il rostro a tre fendenti
taglienti e contundenti che si allungava a prua sul pelo dell’acqua. La
trireme, lanciata a velocità sulle
navi nemiche, determinava con il colpo del rostro squarci letale nelle navi
nemiche o ne annullava la forza distruggendo le file di remi e le relative
fiancate. Da quando la Soprintendenza
del Mare ha intensificato le ricerche nell’area della battaglia sono venuti
fuori ben undici rostri a tridente diversi da quelli descritti dalla Frost, che
hanno offerto la prova dell’esattezza del luogo dello scontro indicato
nell’area a Nord di Capo Grosso di Levanzo. I rostri s’inserivano,
coprendola, sull’intersezione di alcuni elementi lignei convergenti che erano
il dritto di prua, la chiglia e le cinte basse. Erano assicurati alla parte
lignea dello scafo mediante chiodi. La parte anteriore del rostro era
costituita da ben tre fendenti laminari orizzontali rinforzati da un possente
fendente verticale. Con questo micidiale multiplo fendente, scagliato con forza
sulle fiancate delle navi nemiche, la nave da guerra dotata del rostro
determinava l’ingovernabilità e l’affondamento di quella nemica grazie alle
falle che generava.
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