Alla ricerca della biodiversità in Antartide
Panagrolaimus sp (nematode antartico) |
L'Antartide è un
laboratorio naturale per studiare il piccolo numero di specie vegetali e
animali che vivono in comunità. La vita
microbica gioca un ruolo vitale negli ecosistemi antartici. Metodi
genetici all'avanguardia per lo studio del DNA di questi microbi possono
portare a scoperte che aiuterebbero nella produzione di nuovi antibiotici e
altri composti. In Antartide si
trovano alcune delle creature più sorprendenti del pianeta. È anche un
potente laboratorio naturale per studiare la biodiversità, l'evoluzione
e gli impatti del cambiamento climatico. Scoraggiati
dal resto del pianeta, l'isolamento dell'Antartide e il suo clima freddo hanno
permesso l’evoluzione di alcune specie uniche. Coperto di ghiaccio e neve, l'Antartide è il continente più cupo, più
freddo ma al contempo il più vivo della Terra. Poco della sua superficie può
sostenere la vita, in modo che le comunità di piante e animali che sopravvivono
sono solo un piccolo numero di specie che vivono in rapporti semplici. Per
la semplicità di queste comunità, l'Antartide
è un luogo eccezionalmente utile per scoprire come funzionano gli ecosistemi. Alcune
delle creature in queste comunità sono particolarmente interessanti. Conosciuti
come nematodi, i loro antenati
sopravvivevano in piccole aree di terra rimaste scoperte durante le ultime ere glaciali,
più di un milione di anni fa. Studiando
i nematodi, gli scienziati del British Antarctic Survey (BAS) possono aumentare la comprensione
dell'evoluzione e aiutare a ricostruire la storia glaciale dell'Antartide. A differenza della terra, i
mari attorno all'Antartide ospitano
un gruppo ricco e diversificato di specie evolute, secondo alcuni modi unici di
affrontare il freddo. Alcuni pesci antartici, per esempio, sono i
soli vertebrati del mondo che non usano le cellule del sangue rosso per
trasportare ossigeno nei loro corpi. Per essere così adattati al freddo,
alcune di queste specie potrebbero non essere in grado di affrontare la vita in
un mondo più caldo. Il cambiamento climatico potrebbe avere un impatto
importante sulle specie antartiche. Dalle stazioni di ricerca su e intorno
alla penisola Antartica, al BAS studiano
come queste specie stiano rispondendo ai cambiamenti climatici. Sappiamo
parecchio sulle piante e gli animali del continente e, pochissimo della vita microbica dell'Antartide. Questi organismi svolgono un ruolo vitale negli
ecosistemi antartici e, possono aiutare a produrre nuovi antibiotici e altri
composti, sono ricchi ma allo stato attuale sono solo una risorsa non
utilizzata. Al BAS, si stanno
utilizzando metodi genetici all'avanguardia per studiare il DNA di questi microbi e, si spera, di
poter sfruttare al più presto il loro potenziale. I vermi nematodi sono uno dei più
importanti gruppi faunistici del suolo in Antartide
ma, si sa poco sulla loro più ampia distribuzione, biogeografia e storia nella
regione, e le informazioni tassonomiche rimangono confuse o incomplete. La
fauna di Alexander Island (Antartide marittima meridionale) includa
elementi che sono sopravvissuti al periodo della glaciazione del Pleistocene in situ, formando un centro
regionale di endemismo e anche un hotspot di biodiversità. Le indagini nematologiche sono state fatte
su un determinato gradiente latitudinale lungo la penisola antartica
meridionale, confrontando i dati ottenuti con la fauna marittima antartica
descritta nei pochi studi precedenti, tra la baia di Marguerite settentrionale e le isole Orcadi meridionali. La ricerca è supportata da
precedenti scoperte di una mancanza di sovrapposizione a livello di specie tra
le zone biogeografiche oceaniche marittime e continentali, con la grande
maggioranza di esemplari ottenuti da tutti i siti di indagine attribuibili a
noti marittimi o taxa nuovi e attualmente endemici.Tuttavia, le collezioni
di Alexander Island, Alamode Island e il sito più
occidentale campionato, di Charcot
Island, includono esemplari morfologicamente molto vicini a due specie
continentali dell'Antartide, e potrebbero indicare un legame tra le due
regioni. La fauna ottenuta nei siti di studio settentrionali (Adelaide Island, Marguerite Bay) corrisponde strettamente a quella descritta in
precedenza. In contrasto con i modelli ampiamente descritti di diversità
decrescente in altri biota antartici,
la ricchezza di specie è aumentata marcatamente in località su Alexander Island, includendo un
elemento sostanziale di specie non descritte (50% di taxa in tutte le località,
40% di taxa trovato su Alexander Island). Infine,
i campioni più meridionali ottenuti, dai nunatak
dell'entroterra di Ellsworth Land,
indicano una fauna che non include i nematodi, fatto eccezionale non solo in un
contesto antartico ma anche per i suoli in tutto il mondo.
Un
plasmide infetta i microbi della stessa specie e si replica nei nuovi ospiti
Gli scienziati dell’università del New South Wales (Unsw) studiando i microbi
in alcuni dei laghi più salati dell’Antartide,
hanno scoperto un nuovo modo utilizzato da questi piccoli organismi per
condividere il DNA che potrebbe averli
aiutati a crescere e sopravvivere.
Con lo studio basato su 18 mesi di
campionamento dell’acqua in remote località antartiche, anche durante il
freddissimo inverno antartico, si potrebbe fare nuova luce sulla
storia evolutiva dei virus.
Il team dell’Unsw ha inaspettatamente scoperto un
ceppo di microrganismi amanti del sale antartico contenente plasmidi: piccole molecole di DNA che possono replicarsi
indipendentemente in una cellula ospite e che spesso contengono geni utili a un
organismo.
« Mentre i virus hanno una struttura protettiva di natura proteica
chiamata capside, i plasmidi sono pezzi di DNA ‘nudi’,
e generalmente si muovono da cellula a cellula per contatto, o almeno questo è
ciò che si credeva finora. I plasmidi trovati nei microbi
antartici, denominati pR1SE, si proteggono come i virus grazie
a una vescicola, costituita dalle stesse proteine che si trovano nella membrana
dell’ospite. Una volta rilasciata dagli Archea,
la vescicola permette al plasmide di infettare microbi della stessa specie,
in cui non siano già presenti altri plasmidi e, quindi, di replicarsi nei nuovi
ospiti ».
“Susanne
Erdmann, sottolinea, che è la prima volta che questo meccanismo
è stato documentato. Potrebbe essere un precursore evolutivo di alcuni
degli involucri protettivi più strutturati che i virus hanno sviluppato per
aiutarli a diffondersi e diventare degli invasori di successo. La constatazione
suggerisce come alcuni virus potrebbero essersi evoluti dai plasmidi»
Deep Lake |
I microbi antartici studiati
dai ricercatori sono chiamati haloarchaea,
noti per essere promiscui, dato che si scambiano rapidamente il DNA tra di loro. Possono sopravvivere
nel Deep Lake, un lago profondo 36
metri, così salato da rimane allo stato liquido fino a meno di 20 gradi di
temperatura. Il lago, si trova a circa 5 chilometri dalla stazione antartica
australiana Davis, e si è formato circa 3500 anni fa.
Archaea |
Microbi haloarchaea contenenti
i plasmidi erano già stati isolati da campioni di acqua molto rari raccolti
alle isole Rauer, circa a 35 km
dal Deep Lake.
«Si è anche scoperto che i plasmidi
potrebbero prendere un po’ di DNA
dal microbo ospitante, integrarlo nel proprio DNA, produrre vescicole a membrana intorno a se stessi e poi mandarle
a infettare altre cellule. I risultati sono quindi rilevanti per la scienza
antartica e per la biologia nel suo insieme».
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